Monica Nicolosi: Il bello dei libri è che sono una finestra sul nostro mondo, sia reale che fantastico
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Monica Nicolosi: Il bello dei libri è che sono una finestra sul nostro mondo, sia reale che fantastico
Monica Nicolosi: Il bello dei libri è che sono una finestra sul nostro mondo, sia reale che fantastico
Monica Nicolosi: Il bello dei libri è che sono una finestra sul nostro mondo, sia reale che fantastico
Monica Nicolosi: Il bello dei libri è che sono una finestra sul nostro mondo, sia reale che fantastico
Monica Nicolosi: Il bello dei libri è che sono una finestra sul nostro mondo, sia reale che fantastico
Sono nata a Firenze, un po’ di anni fa, da padre artigiano e madre pittrice. Ho iniziato a scrivere e disegnare da bambina, ma pensavo che sarei diventata giornalista, attrice, o maestra.
Invece, ricalcando le orme dei miei familiari, mi sono dedicata all’artigianato artistico per qualche anno. Intanto continuavo a inventare storie che vivevano solo nella mia testa. Scrivevo, disegnavo… ma ancora non era un lavoro. Mi sono diplomata Grafica pubblicitaria e Adattatrice dei dialoghi cinematografici e ho cominciato a far diventare reali (almeno un po’) i miei sogni di bambina: mi sono dedicata al teatro, ho cominciato a scrivere articoli, a tenere dei corsi. Poi, un po’ per caso e un po’ no, sono arrivata all’illustrazione.
Quando hai capito che l’illustrazione era la tua professione?
Sono arrivata all’illustrazione relativamente tardi: inseguivo la magia dei libri illustrati, che avevo amato da piccola e che ancora adoro. Volevo essere Alice nel paese delle meraviglie letterarie, Pinocchionel paese dei balocchi illustrati… E’ cominciata così, divertendomi, e non mi sono neanche resa conto che tutto questo stava diventando davvero la mia professione.
Il tuo linguaggio visivo è molto particolare, quali sono le tecniche e gli strumenti che usi quando disegni?
Mi piace sperimentare e misurarmi con tecniche nuove, tuttavia il mio mezzo preferito è l’acrilico, che uso volentieri anche quando dipingo quadri. E che su carta amo mescolare alle matite o ad altri mezzi espressivi. Mi sono diplomata grafica quando ancora la computer-grafica, come si chiamava una volta, non era stata introdotta nel mio piano di studi e quindi ho dovuto, negli ultimi anni, rimboccarmi le maniche e cercare di mettermi in pari con le tecniche digitali, che non conoscevo. All’inizio ero diffidente, adesso invece le uso volentieri, mi divertono. Ma ho ancora tanto da imparare in questo campo. Il primo schizzo però lo faccio sempre a matita!
Cosa pensi del tuo futuro da illustratrice?
Mi piacerebbe poter dire che vivo di questo lavoro, ma ancora non ho raggiunto questo traguardo. E se guardo un po’ più avanti, mi vedo a realizzare progetti articolati e collaborativi. Mi è sempre piaciuto progettare, mi riesce bene. È una qualità che molti mi riconoscono, e ho affinato questa mia peculiarità negli anni in cui ho fatto regia teatrale, e tuttora mi è indispensabile per allestire i miei corsi (narrazione, teatro, pittura e disegno). Per cui se penso al mio futuro da illustratrice m’immagino non solo a illustrare testi scritti da me, ma anche a progettare intere serie di libri illustrati, magari dirigendo qualche giovane talento.
Nel tuo lavoro hai avuto modo di stringere collaborazioni particolari?
In genere ho sempre lavorato da sola, la solitudine non mi fa paura, anzi, il mio silenzio si popola di personaggi, situazioni, scene… e così nascono le storie. Tuttavia adesso ho iniziato una collaborazione con la mia amica Francesca Sestigiani, con cui condivido alcuni obiettivi lavorativi e abbiamo in mente dei progetti, che aspettano solo il momento giusto per venire fuori dai nostri cassetti.
Perché illustrazione per bambini?
L’illustrazione per bambini mi piace, mi diverte, dà molta libertà. Non ci sono limiti al tipo di disegno che puoi fare, né come stile, né come tecnica. E poi chi l’ha detto che l’illustrazione per bambini sia adatta solo… “ai bambini”?
Quali sono i tuoi punti di riferimento nel mondo dell’illustrazione? A chi ti ispiri?
Sono convinta che ognuno di noi sia il frutto di ciò che ha vissuto e amato, per cui non riesco a ricondurre ad un solo punto di riferimento il mio modo di illustrare. E proprio perché mi piace sperimentare non m’ispiro a nessuno in particolare, ma provo sempre a cimentarmi negli stili in cui mi imbatto, per alzare sempre un po’ ”l’asticella” e mettermi alla prova. Poi tengo ciò che mi piace e lo mescolo con il mio modo di vedere le cose.
Secondo te, in che modo un buon libro illustrato può aiutare un bambino o una famiglia?
Il bello dei libri è che sono una finestra sul nostro mondo, sia reale che fantastico. Nei libri si può parlare di tutto, anche delle cose più difficili e dolorose della vita. Può essere un modo molto empatico per avvicinarsi a temi importanti. E poi attraverso i libri si vivono molte vite, ci si può mettere nei panni degli altri e capire meglio noi stessi. E questo vale tanto per gli adulti che per i ragazzi.
Descrivici il tuo stile.
E’ una domanda difficile, dato che io penso ancora di non aver trovato uno stile definitivo. Però credo che nei miei disegni si senta il sapore “dell’artigiana” che tuttora alberga in me. I miei personaggi mi ricordano sempre la me stessa bambina. E anche quando scrivo i riferimenti al mio vissuto si affacciano sempre, anche se camuffati. Amo il colore, e una certa “confusione” nella composizione; mi stanno un po’ stretti gli schemi ordinati. Non riesco mai ad essere essenziale, anche se a volte mi piacerebbe.
La giusta ricetta per una illustrazione efficace.
Altra domanda difficile. Probabilmente è un mix armonico fra composizione, colore, equilibrio di proporzioni. Anche se poi, quello che conta, è l’emozione che si riesce a trasmettere. Ci sono disegni che a prima vista sembrano sgraziati… ma poi, chissà perché, fanno risuonare qualcosa in noi e ci fanno dire : ”Che bello!”
In questi anni, chi ti ha supportato e creduto nel lavoro che fai?
All’inizio anch’io consideravo il disegno una semplice passione, per cui, anche se molti mi apprezzavano, non riuscivano a pensare che tutto questo potesse essere un lavoro. I primi lavori di grafica li ho realizzati su commissione della mia cara amica Marilena, che ringrazio davvero per la fiducia e l’appoggio che tuttora mi dà. Quando poi sono entrata nel mondo dell’illustrazione e ho capito, io per prima, che era il caso di fare sul serio, ho incontrato sul mio cammino bravi illustratori che mi hanno consigliato, indirizzato, corretto. Anzi, senza far torto a nessuno, voglio ringraziare pubblicamente Morena Forza ed Elisa Moriconi, che sono state le prime a introdurmi nel mondo dell’illustrazione per l’infanzia e che tuttora, al bisogno, non si tirano indietro nel consigliare e indirizzare. Inoltre ho trovato in mio marito, severo critico all’inizio, un inaspettato alleato. Si chiama Alessandro Fieschi, è uno scrittore esordiente, e abbiamo pubblicato insieme “Oliver LIfeless”, un urban fantasy presentato nel 2016 al Salone del libro di Torino.
Se fossi libera da ogni vincolo… Cosa ti piacerebbe illustrare?
Mi piacerebbe fare un albo divertente, che ribalti un po’ i luoghi comuni. E poi le storie che ho amato da bambina… Da Alice nel paese delle meraviglie a Viaggio al centro della Terra, da I ragazzi della via Pal a Favole al telefono. Cose molto diverse, ma che mi hanno fatto diventare la persona che sono ora. Inoltre mi piacerebbe cimentarmi nell’illustrazione di qualcosa di musicale, come Il Flauto magico. E naturalmente le storie che si rincorrono nella mia testa! Che sono tante!!!
Il consiglio più utile che hai ricevuto.
Cerco sempre di ascoltare chi ne sa più di me, e negli anni ho avuto molti buoni consigli da persone che stimo molto, come Arianna Papini, o Manuela Salvi. Ma il consiglio migliore penso sia stato quello di Brunella Baldi, durante una lezione nel suo studio. Mi ha detto “Brava, ma… puoi fare di meglio”.
Che consiglio daresti a chi vuole iniziare quest’avventura?
Di non lasciarsi scoraggiare dal fatto di aver seguito studi che non c’entrano niente col disegno. E tuttavia di fare corsi se se ne sente il bisogno. Di andare a mostre, laboratori, incontri. Di non aver paura di chiedere a chi se ne sa di più. Di essere curiosi. Di non mollare. Di sperimentare. Di crederci, sempre, nonostante tutto. Di buttarsi, senza paura. Amare il proprio lavoro e soprattutto… divertirsi!