L’ottavo diritto naturale dei bambini e le bambine è:
IL DIRITTO AL SELVAGGIO
a costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi,
alberi su cui arrampicarsi.
Non sono mai stata una bambina “selvaggia”, una di quelle incontenibili esploratrici dei movimenti più azzardati, una ricercatrice professionista di situazioni a rischio, una a cui piacesse sporcarsi, lanciarsi dai muretti o arrampicarsi sugli alberi.
Ho sempre un po’ invidiato, e ancora oggi guardo con un misto di timore e ammirazione, quei piccoli scriccioli scattanti e pieni di energia che si misurano nelle più mirabolanti evoluzioni, che non smetterebbero un attimo di correre, saltare, rotolarsi a terra.
Tutt’oggi, da insegnante, si genera in me questa sorta di lotta interiore mentre guardo i miei bimbi avventurarsi alla scoperta delle meraviglie della natura…
Ognuno di noi porta dentro di sé una soglia, conscia o meno, del livello di “rischio” tollerabile per se stesso e per gli altri e in questo limite si gioca, che lo vogliamo o no, una partita importante: quella della possibilità della scoperta, dell’apprendimento, della crescita.
Quando ho iniziato ad appassionarmi all’educazione all’aria aperta e al mio rapporto sempre controverso con la Natura stessa, non ho potuto sottrarmi a questo gioco tanto entusiasmante quanto carico di una certa dose di ansia e frustrazione.
Da piccoli non ce ne curiamo ma quando cresciamo, la voglia irrefrenabile di tuffarsi in un ruscello, deve sempre e inevitabilmente fare a cazzotti con il timore di prendersi una congestione, di farsi male, di avere freddo.
I nostri desideri si accompagnano sempre a dosi, più o meno sostanziose, di paura…
E se un pizzico di paura, lo sappiamo bene, risulta essenziale per evitare i pericoli, quelli veri; troppa paura costruisce limiti all’esplorazione, alla creatività, all’emozionante scoperta del mondo.
Ho fatto le cose un po’ al contrario: sono passata dall’essere una bambina molto poco “selvaggia” al sentirmi un’adulta con il cuore pieno di voglia di Natura, di Inedito, di Imprevedibile; ma questo mi ha permesso di esplorare con più consapevolezza il terreno impervio dei miei Desideri.
Il termine Desiderio deriva dal latino de-sidus, che letteralmente suona come “mancanza di stelle”, una mancanza di cose belle percepita nel profondo, che spinge ad un’appassionata ricerca verso le stelle stesse.
E’ una ricerca meravigliosa quella che si muove tra le pieghe delle cose sconosciute e che, in quanto tali, sono temibili ma avvincenti come non mai…
Vi lascio perciò a una piccola riflessione, “provocatoria” nel senso più costruttivo del termine:
investiamo del tempo in un’Educazione al Rischio.
Lavoriamo sul naturale e più che legittimo bisogno di protezione dei nostri piccoli per trovare, come dice la pedagogista Laura Malavasi, un equilibrio tra l’istinto a prevenire situazioni di ipotetico pericolo e la necessità del bambino di non essere privato delle proprie esperienze più stimolanti, tra la nostra soglia di rischio percepito e quella reale.
Cerchiamo di infondere in loro sicurezza e di permettergli di giocare e esplorare in territori non pericolosi ma avventurosi.
In università, uno dei miei docenti, Fabrizio Bertolino, mi aveva catturata con un intervento sulle Avventure in natura: qui vi lascio una parte della sua riflessione insieme alle parole di un suo professore che l’aveva innescata.
E’ un piccolo frammento della mia stella, della mia appassionata ricerca verso un orizzonte educativo inaspettato e coraggioso.
“Dal punto di vista pedagogico l’avventura va rivalutata e non semplicemente considerata come qualcosa in grado di motivare l’apprendimento e soddisfare una certa vivacità ed esuberanza tipica dell’età giovanile. Fare dell’avvenura un orizzonte pedagogico significa prestare maggiore attenzione ai contesti in cui educheremo e riflettere su quanto siano in grado di favorirla. […]
Non abbandoneremo i nostri futuri allievi nel bosco, privi di regole, indicazioni e supporto ma permetteremo di toccare, costruire, raccogliere, cercheremo di lasciar spazio alla creatività e all’autonomia, proveremo a riflettere con loro sulle esperienze condivise.”
“Occorre una rivoluzione finalizzata alla costruzione di contesti educativi dove far vivere esperienze dirette, reali e autentiche, all’aria aperta, un po’ rischiose, con spazio alla scelta.
E se rivoluzione deve essere, tanto vale che la facciamo noi!”
HOP!
Al prossimo salto!
Avevo intuito dal titolo, che questo pezzo avrebbe avuto dentro una scintilla, come le stelle di cui dici. E’ una sfumatura diversa e più ardita di ciò per cui io stessa mi batto ogni giorno.
Cara Maddalena, leggo solo ora il tuo commento…
Ardita o meno, continuiamo ad alimentare la nostra scintilla..è quella che ci tiene vivi, che ci tiene vicini ai nostri desideri!
Stanotte è anche la notte delle stelle cadenti..che sia una buona occasione per affidarne qualcuno al cielo? 🌠
HOP!
Un abbraccio.
Beatrice