A volte stare a tavola costa fatica
Fin dal primo giorno di vita la questione dell’alimentazione risulta essere cruciale nella relazione madre-bambino: definisce il modo in cui il figlio mangia e mangerà per il resto della sua vita e ci dice di come i genitori, in particolare la madre, vivrà con più o meno serenità il momento del pasto.
Anche il modo in cui viene affrontato lo svezzamento è anche esso rivelatore di molti aspetti relazionali e personologici. Vi sono dei bambini molto voraci fin da subito, altri più meditativi, quelli che tollerano l’attesa e quelli che vorrebbero tutto e subito.
Ovviamente parallelamente può esserci una madre serena e fiduciosa rispetto alle competenze del figlio, che crede si sappia autoregolare, oppure quella che crede di non aver mai dato e fatto abbastanza, quella che si informa sulle modalità migliori da attuare e quella che agisce d’istinto.
Facile riconoscersi in una categoria piuttosto che in un’altra e altrettanto immediato è il passaggio dall’alimentazione a qualsiasi altro momento dell’interazione tra madre e figlio.
L’ educazione alimentare
Il cibo e lo stare a tavola sono dei temi centrali in modo particolare per noi italiani, per cui nell’educazione alimentare rientra anche un aspetto culturale e conviviale.
Si ha la percezione che da piccoli “ciccio è bello e sano” ma nella realtà dei fatti non è cosi, anzi, molti studi hanno dimostrato che problemi di obesità infantile permarranno in adolescenza e in età adulta.
La domanda “ha mangiato abbastanza?” durante l’allattamento è una delle domande che più spesso viene posta e che maggiormente mette in crisi le neomamme portandole molte volte ad abbandonare l’allattamento al seno per passare all’artificiale e poter cosi contenere ansie e insicurezze del tutto normali soprattutto per chi è al primo figlio.
I bambini hanno insita la capacità di riconoscere il senso di sazietà, che viene poi perduta nel tempo proprio perché altri decidono quantità e gusti, trasformando il mangiare in un dovere.
Molte discussioni avvengono per l’ultimo maccherone da mangiare, come se mangiare una penna in più o in meno possa cambiare la quantità mangiata.
Peraltro a questo si aggiunge la capacità dei bambini di sentire come stanno, meglio di quanto possiamo fare noi per loro, spesso quindi insistere è per farli mangiare li porta a star male, come conseguenza di un eccesso non coerente con quanto sente il bambino in quel momento.
Potete immaginare come questo abbia ripercussioni sul futuro, quando ormai adulti mangiamo imponendoci una regolazione che dovrebbe essere insita in noi.
Mangia i piselli – Salani editore
Nel libro Mangia i piselli viene affrontata una situazione tipica dello stare a tavola, con la mamma che impone alla figlia di mangiare i piselli e lei che non li vuole perché non le piacciono, la madre ricorre quindi a varie promesse e ricompense, ma la piccola non ne vuole proprio sapere.
Di fatto anche l’aspetto del gusto è spesso sottovalutato e poco riconosciuto nei bambini che, invece, possono e anzi devono avere delle preferenze.
Un bambino può percepire e esprimere il fatto che un alimento piuttosto che un altro non gli piace.
Ciò però va contestualizzato, spesso i bambini nella fase dei terribili due usano il cibo come terreno di scontro e manifestano la propria personalità e la propria volontà di imporsi eliminando del tutto alcune categorie di alimenti.
Più noi genitori ci imponiamo su questo aspetto più loro capiranno che hanno terreno fertile per giocarci sopra e si creerà un fastidioso circolo vizioso.
Più ci mostriamo tolleranti e sereni su questo punto, più la “battaglia” si sposterà su un altro campo.
Un’altra considerazione andrebbe fatta sull’utilità dell’uso del ricatto, molto ben espressa nel libro in questione, ma su questo torneremo in un altro articolo!!
Detto questo pare evidente come la fiducia e la capacità di stare ad osservare come si comportano i nostri figli sia alla base anche (così come accade in tanti altri aspetti) per la serenità a tavola!