La famiglia è un luogo della pedagogia. La casa, la scuola, la palestra, la strada, i pari e gli amici sono luoghi della pedagogia.
La relazione è il luogo della pedagogia.
Se l’etimologia del termine pedagogia significa “arte di guidare i fanciulli”, e se questa definizione non è in alcun caso oggi completa ed univoca, visto che nei secoli il rapporto della pedagogia con l’educazione si è articolato, nulla vieta di pensare che i luoghi educativi formali, non formali ed informali siano luoghi in cui è agita la pedagogia. Per essere precisi, la pedagogia è correlata all’educazione come riflessione sulla concreta esperienza educativa. Quest’ultima nella relazione adulti-bambini/adolescenti, significa condurli verso il loro futuro.
Ma agli occhi di tutti è verosimile che la realtà sociale, economica e culturale è inquinata da una crescente crisi generale che ha reso precaria l’esistenza umana. I luoghi della pedagogia, di conseguenza, non riescono ad assolvere la loro funzione in modo sereno e lineare e, “nell’arte di guidare i fanciulli”, soffrono nello scoprire, nell’ indicare il futuro, la via che porta avanti, verso il divenire adulto e più. Una conseguenza di ciò è la preoccupazione educativa degli adulti a focalizzare l’esperienza educativa sul qui ed ora, sull’essere e non sul divenire. È come se la “famiglia delle regole”, quella che aiuta a riconoscere la strada da percorrere si sia risolta ad essere la “famiglia degli affetti” che implica il momento in cui essi si vivono senza una prospettiva a lungo termine.
Ma se questa riflessione rischia di rivelare un quadro pessimistico dell’educazione, conviene ricordare le parole di Vigotskij (1896-1934) il quale sostiene che il bambino apprende in un contesto in cui un adulto o una persona con conoscenze superiori a lui, gli indica il modo, la via, la strada; in qualsiasi caso, perché la pedagogia è prospettiva e perché gli adulti sono responsabili di questo.
Vediamo nella pratica: il bambino (ma anche ognuno di noi) si muove in una zona estesa di sviluppo potenziale (l’educabilità possibile) in cui risiede un nucleo di sviluppo attuale e un altro più esteso di sviluppo prossimo (la ZSP).
Chi educa, quando agisce, propone al bambino comportamenti e ragionamenti a lui ignari. Lo fa in modo semplice e comprensibile fino al momento che lo stato attuale (il nucleo più piccolo) in cui si trova il bambino si espande verso quello prossimo (il nucleo mediano). È questo appena descritto un processo il cui successo permette al bambino di ampliare le sue conoscenze e di muoversi verso compiti più complessi solo grazie a chi gli sta accanto. La frustrazione di una incapacità vissuta nel processo di apprendimento ha un impatto molto ridotto in questo schema. È l’accompagnamento alla crescita che non lo permette.
Ora riflettiamo: l’accompagnamento è educazione, è genitorialità, è metodologia didattica, è istruzione. La riflessione su tutto ciò è pedagogia.
Essa, la pedagogia, è scienza nella visione in cui è rivolta alla dimensione umana del futuro. Quindi stiamo parlando di responsabilità a restituire il futuro ai nostri piccoli, di accompagnamento nella loro crescita. Ecco, stiamo parlando di pedagogia. Mettiamoci all’opera, ogni giorno e da subito. È vero o no che ci saremmo arrabbiati tutti noi già adulti se qualcuno ci avesse derubato del nostro futuro?