Occhi di Bimbo

Il gioco nel bambino con autismo

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Il gioco: una delle attività fondamentali per ogni bambino

Il gioco è una delle attività fondamentali per i bambini, il modo con cui essi iniziano a conoscere il mondo che li circonda, si mettono alla prova, crescono e si esprimono.

Ogni fase di crescita ha la sua tipologia di gioco, e così si passa dai primi giochi esplorativi a giochi da fare con gli altri, da quelli più semplici a quelli più strutturati.

Un’attività, insomma, che segue tutte le fasi evolutive e che stimola innumerevoli attività e abilità, da quelle fisiche a quelle di coordinamento, da quelle didattiche a quelle che riguardano la socializzazione.

Uno stimolo che in realtà accompagna tutti e in ogni occasione della nostra vita, anche in età adulta, anche se poi gli dedicheremo tempi diversi e attività diverse.

Come detto, il gioco è uno strumento per crescere e per esprimersi, e in questo senso deve essere visto come un mezzo adatto a tutti, senza escludere bambini con disabilità o particolari difficoltà.

Il gioco, infatti, è un’attività spontanea per tutti e proprio nei bambini che hanno delle difficoltà particolari dovrebbe essere utilizzato per stimolare e per far sì che il bambino possa avere nuove esperienze e occasioni di crescita.

Il gioco, infatti, è lo strumento con cui tutti i bambini possono esprimersi liberamente e in questo senso dovrebbe essere utilizzato favorendo la modalità tipica del gioco di ogni bambino, compresi i bambini con specifiche difficoltà e bambini con autismo.

L’autismo nei bambini

L’autismo è un disordine neurobiologico dello sviluppo che interessa soprattutto il sistema nervoso centrale e che, secondo gli studi, richiama ad anomalie di un circuito neuronale che comprende la corteccia temporo-parietale e prefrontale, il sistema limbico, il cervelletto e il corpo calloso.

La diagnosi di autismo viene solitamente formulata facendo riferimento alle due principali classificazioni internazionali attualmente in vigore: il DSM (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e l’ICD (la classificazione internazionale dei disturbi e delle malattie).

L’attuale edizione del DSM-5 del 2013 ha introdotto alcuni cambiamenti per quanto riguarda i criteri diagnostici dell’autismo, riunendo in un’unica categoria denominata “Disturbi dello spettro autistico” i vari sottotipi, eccetto che per la sindrome di Rett, che è invece annoverata tra i disturbi neurologici.

In generale, la diagnosi di autismo viene effettuata intorno ai 3-4 anni di età del bambino, anche se in realtà già nei primi anni di vita si possono manifestare dei segnali che possono richiamare comportamenti tipici dell’autismo.

Tra questi, la difficoltà del contatto visivo, l’assenza del cosiddetto sorriso “sociale”, la mancanza di risposta se il bambino viene chiamato per nome, anomalie nell’attenzione, nel gioco simbolico e nello sviluppo del linguaggio.

La diagnosi di disturbo dello spettro autistico richiede la presenza di almeno tre sintomi nella categoria dei deficit della comunicazione sociale e di almeno due in quella dei comportamenti ripetitivi.

Il deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale in diversi contesti è infatti uno dei tratti tipici dell’autismo, così come l’interesse per poche e ripetitive attività.

La diagnosi di autismo, infatti, si basa su criteri comportamentali ed è quindi necessario utilizzare procedure e strumenti di valutazione standardizzati, validati a livello internazionale.

Nel DSM-5, infatti, si parla sia di deficit nella reciprocità socio-emotiva, nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione sociale e nella creazione e mantenimento di relazioni appropriate al livello di sviluppo, oltre che di linguaggio, di movimenti o uso di oggetti stereotipati o ripetitivi, attaccamento alla routine, interessi ristretti e iper o ipo reattività agli stimoli sensoriali.

Gli interventi terapeutici nell’autismo

Gli interventi terapeutici che vengono offerti per quanto riguarda bambini con disturbi dello spettro autistico sono numerosi e spesso la scelta di come muoversi è veramente difficile.

In questo senso, vista la difficoltà di scegliere come intervenire terapeuticamente per un bambino con autismo, il Sistema Nazionale per le Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha dettato delle linee guida per quanto riguarda i disturbi dello spettro autistico.

Un tipo di intervento che oggi è avvalorato da molte prove scientifiche che ne indicano l’effettiva efficacia è quello di tipo educativo basato sui comportamenti, indicato come tecnica ABA (Applied Behaviour Analysis), che viene applicata con vari modelli.

Il più conosciuto è il modello UCLA/Lovaas, sviluppato negli anni Ottanta del secolo scorso, che interviene sulle competenze cognitive, linguistiche e di adattabilità del bambino; altra applicazione della tecnica ABA è quella del modello Denver, che si basa sulle specifiche caratteristiche di ogni bambino e sulle sue preferenze di gioco e di attività, sulle quali poi sviluppare un progetto riabilitativo.

L’importanza del gioco per il bambino autistico

Rispettando i diversi livelli di gravità dei disturbi dello spettro autistico come indicato dal DSM-5 e considerando che il gioco è da considerarsi uno strumento di libera espressione per ogni bambino, ciò che sembra importante, secondo gli studi degli ultimi anni, è proporre ai bambini con autismo giochi che siano a loro congeniali e che favoriscano la loro personale soddisfazione del loro modo di esprimersi.

Per i bambini autistici, infatti, sarà importante poter valorizzare il gioco nel rispetto della loro neurodiversità, favorendo le modalità di gioco che più stimolano i loro canali espressivi.

Sembra infatti che i bambini autistici preferiscano giochi sensoriali che con il loro movimento, soprattutto ripetitivo, diano risultati di causa-effetto e che quindi rispettino il loro continuo bisogno di stimoli sensoriali, facendo diminuire in loro necessità di compiere quei movimenti non finalizzati tipici delle loro stereotipie motorie.

I disturbi dello spettro autistico, infatti, originano da una compromissione dello sviluppo che coinvolge le abilità di comunicazione e di socializzazione e sono in generale associati a comportamenti ripetitivi o stereotipati e un’alterata capacità immaginativa.

Offrire quindi a un bambino con autismo giochi che gli permettono di soddisfare le sue necessità, che lo stimolano e lo gratificano nel rispetto delle sue caratteristiche, senza forzarlo a far giochi che si ritengono erroneamente stimolanti per sviluppare le sue abilità, significa rispettarlo e dargli la possibilità di esprimersi nell’ambiente nel modo a lui più congeniale.

È per questo che è importante che né i genitori né gli educatori insistano perché un bambino autistico si adatti ai giochi che si ritengono più adatti per lui, ma che gli venga data la possibilità di vivere il gioco per quello che è, e cioè l’espressione del proprio essere, delle proprie preferenze e delle proprie esigenze.

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