Occhi di Bimbo

La preeclampsia o gestosi in gravidanza

preeclampsia

Cosa si intende per pressione alta

Quando parliamo di pressione arteriosa dobbiamo innanzitutto tener conto di due parametri: la pressione diastolica (o minima) e la pressione sistolica (o massima), che corrispondono rispettivamente alle fasi di diastole e sistole cardiache, ovvero alla forza che il sangue esercita sulle pareti delle arterie tra un battito e l’altro del cuore (nel caso della pressione minima) o quando il cuore si contrae (nel caso della pressione massima).

Possiamo parlare di pressione arteriosa alta o ipertensione quando con un misuratore di pressione si rilevano valori della pressione superiori ai valori normali, e nello specifico:

I valori della pressione variano in base all’età e al sesso, oltre che ad essere influenzati da alcune patologie. In generale, la pressione arteriosa diastolica si situa tra i 60-90 mm Hg, mentre la sistolica tra i 100-140.

Molto spesso i fattori di rischio che possono portare a una pressione arteriosa alta vanno ricercati in varie situazioni del nostro stile di vita e squilibri nella nostra dieta. Tra queste, sedentarietà, obesità, alcol e fumo, sostanze stupefacenti, eccesso di sodio o di zucchero, carenza di potassio o di vitamina D, stress e assunzione di alcuni farmaci.

Nel caso in cui si manifesti in gravidanza, se associata a proteinuria, l’ipertensione provoca gravi rischi per la salute della futura mamma e del bambino, facendo insorgere quella che fino a qualche tempo fa veniva chiamata gestosi e che viene indicata come preeclampsia.

La pressione arteriosa durante la gravidanza

Durante la gravidanza la pressione arteriosa subisce dei cambiamenti.

Nei primi due trimestri di gravidanza, infatti, soprattutto la minima tende a diminuire, per poi risalire verso la fine della gestazione.

Il problema sorge se, dopo la ventesima settimana, la pressione si alza improvvisamente e nel contempo vi è una concentrazione anomala di proteine nelle urine, ovvero quella che viene indicata come proteinuria e che indica un difetto di funzionamento dei capillari dei reni che disperdono nell’urina proteine del sangue.

In questo caso, se la donna in gravidanza presenta una pressione arteriosa uguale e superiore a 140/90 mm Hg o ha un rialzo improvviso di almeno 30 mm Hg della pressione minima e 15 mm Hg della massima, oltre che una proteinuria (oltre i 290 mg/l), si parla di preeclampsia (o toxemia gravidarium), chiamata comunemente in passato gestosi, una condizione clinica che va tenuta sotto stretto controllo, in quanto l’ipertensione provoca gravi rischi per la salute sia per la mamma sia per il nascituro.

Cause e fattori di rischio della preeclampsia

Benché la preeclampsia sia un disturbo che da sempre ha interessato le donne in gravidanza (se ne hanno notizie già dall’antica Grecia) e che ogni anno colpisca dal 3 al 5% delle donne che aspettano un bambino, a tutt’oggi le cause di questa patologia tipica della specie umana (non interessa infatti altri mammiferi) che dipende da un danno alle pareti dei vasi sanguigni della placenta non sono state ancora chiarite.

In Italia l’incidenza della preesclampsia è piuttosto bassa, mentre in altri Paesi come ad esempio gli Stati Uniti la percentuale raggiunge valori molto più elevati. Questa patologia, inoltre, si verifica con più frequenza in caso di parti gemellari e per le primipare, ovvero per le donne che partoriscono per la prima volta, nonché in donne molto giovani o over 40.

Tra i fattori di rischio accertati, l’obesità, ipertensione che sussisteva già prima della gravidanza, diabete, lupus eritematoso e patologie cardiovascolari quali ad esempio la trombofilia ereditaria (un difetto congenito dei meccanismi di coagulazione del sangue).

Come prevenire e curare la preeclampsia

In alcuni casi la preeclampsia si manifesta in forma lieve, mentre in altri subito in forma grave.

Nei casi di preeclampsia lieve vengono innanzitutto prescritti riposo assoluto, controlli frequenti sia della pressione che delle urine e assunzione di farmaci ad azione ipotensiva.

Nel caso di una grave preeclampsia può venir somministrato anche solfato di magnesio, utile per la prevenzione o il trattamento delle convulsioni.

Studi recenti indicano che un trattamento a base di eparina e aspirina a basso dosaggio nelle prime dodici-quattordici settimane di gravidanza può ridurre il rischio di sviluppare preeclampsia in donne a rischio, mentre non ha alcun effetto nel caso in cui la malattia si sia già manifestata.

In ogni caso, l’evoluzione di questa patologia è imprevedibile e può degenerare rapidamente. È dunque importante che le future mamme si attengano a controlli a intervalli periodici della pressione e a esami delle urine, in modo da poter eventualmente effettuare una diagnosi precoce.

Questa malattia, infatti, non sempre presenta sintomi evidenti, ed è quindi molto importante monitorare che non vi siano ipertensione e proteinuria.

Altrettanto importante che le donne in gravidanza facciano presente al proprio medico sintomi che possono far sospettare una preeclampsia, quali dolori addominali (soprattutto mal di stomaco), mal di testa, disturbi visivi (macchie scure o luminose davanti agli occhi oppure offuscamento della vista), oliguria (scarsa quantità di urine) e convulsioni.

Tra le conseguenze dell’insorgenza di questa patologia, oltre al parto prematuro e a un malfunzionamento della placenta che può determinare un ritardo o addirittura un arresto della crescita del feto e, nei casi più gravi, danni neurologici e morte, vanno segnalati la sindrome HELLP (che oltre ai sintomi dell’eclampsia presenta anche emolisi e che si verifica nel 10-20% delle donne con preeclampsia grave o eclampsia), distacco della placenta, insufficienza renale acuta o epatica, edema polmonare, emorragia cerebrale e convulsioni. Questi ultimi sono tra i sintomi più evidenti di eclampsia gravidica, ovvero la peggior complicanza che può svilupparsi dalla preeclampsia.

Purtroppo, proprio per le sue gravi complicanze, la preeclampsia è una delle cause principali di mortalità materna in gravidanza e durante il parto.

In realtà l’unica terapia che sembra realmente efficace per questa patologia è il parto con l’espulsione della placenta, in quanto è proprio nella placenta che si trova la causa di questa malattia.

Il problema sorge quando il parto dovrebbe essere indotto troppo precocemente, quando cioè il feto non ha ancora completato il suo sviluppo.

È per questo motivo che, in caso di insorgenza precoce della malattia, si cercano di tenere sotto controllo le condizioni della mamma e di allungare il più possibile i tempi, di modo che il feto possa raggiungere uno sviluppo sufficiente prima del parto.

Nei casi più gravi è consigliato il ricovero in un centro altamente specializzato dove in caso di urgenza si possa intervenire tempestivamente con un parto cesareo e avere tutti i mezzi necessari per assistere in modo adeguato il neonato prematuro e la mamma.

Anche se generalmente le quarantotto ore successive al parto sono considerate le più pericolose, solitamente dopo il parto i sintomi si attenuano spontaneamente.

Anche se poco frequente, in alcuni casi questa condizione può verificarsi anche dopo diverso tempo dalla nascita del bambino (preeclampsia post partum) ed è per questo motivo che sono consigliati controlli periodici e regolari misurazioni della pressione anche successivamente al parto.

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